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Éric Zemmour, chi è l'uomo che sta sconvolgendo la politica francese

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A sei mesi dalle prossime elezioni presidenziali, il panorama politico francese è stato scosso dall'entrata in corsa di un nuovo personaggio che sta catalizzando il dibattito politico di oltralpe.

Fino ad oggi il voto presidenziale del 2022 sembrava avviato senza emozioni e anche con un certo rigetto da parte dell'opinione pubblica (dati i bassi indici di popolarità di entrambi) verso una riedizione del ballottaggio del 2017 tra l'attuale Presidente Emmanuel Macron e la leader storica dell'estrema destra nazionalista francese, Marine Le Pen.

Fino a pochi mesi fa una nuova sfida Macron-Le Pen sembrava scontata ma gli analisti avevano sottovalutato l'astio dei francesi verso l'attuale classe politica

Il candidato del centrodestra gollista (cioè erede dell'ex Presidente Charles De Gaulle), che sarà scelto solo il mese prossimo al congresso del partito (in corsa ci sono la governatrice della regione di Parigi Vàlerie Pècresse, il governatore della regione di Calais Xavier Bertrand e l'ex commissario europeo Michel Barnier), non sembrava in grado di scalfire questo duopolio dopo anni di scandali e pesanti accuse di corruzione, che già distrussero il candidato gollista cinque anni fa e che recentemente hanno portato addirittura l'ex Presidente Nicolas Sarkozy sotto processo e a una condanna penale.

All'opposto il centrosinistra non si è più rialzato dalla disastrosa presidenza di Francois Hollande e attualmente si presenta frantumato in una mezza dozzina di candidati, nessuno dei quali supera l 10% nei sondaggi, dal leader dalla sinistra radicale Jean-Luc Mèlenchon all'eurodeputato verde Yannick Jadot fino alla sindaca di Parigi, la socialista Anne Hidalgo.

In questo scenario pareva che i due sfidanti annunciati, Macron e Le Pen, avessero intrapreso due strategie parallele ma speculari: mentre il Presidente uscente, a parole un liberale europeista, impostava la propria campagna elettorale sempre più a destra, con tanto di approvazione di nuove leggi emergenziali sui poteri della polizia e l'attacco alla Le Pen, per bocca del ministro degli interni di Macron, di essere "troppo morbida" con i terroristi islamisti (accusa che suona paradossale visto che veniva rivolta alla politica islamofoba più famosa di Francia), la sua avversaria operava una strategia di "normalizzazione" per cercare di vincere i voti di centro e rassicurare l'elettorato circa le conseguenze di una sua presidenza, per esempio promettendo di rimanere nell'Unione Europea e nell'Euro dopo aver per anni predicato l'uscita da entrambi.

Ma questa svolta l'ha esposta agli attacchi di destra di chi le rinfacciava di aver rinnegato il proprio credo politico per mere ragioni di calcolo elettorale. Le Pen li ha ignorati, rassicurata dal fatto che non ci fosse alcuna alternativa a lei a destra ma si sbagliava, l'alternativa esisteva eccome ed eccoci arrivati a Monsieur Éric Zemmour.

Giornalista polemista professionista con arie da intellettuale, Zemmour potrebbe significare una novità politica in Europa, sia per quanto riguarda la relazione tra politica e media, sia come indicatore dell'evoluzione della destra continentale

63 anni, figlio di due ebrei berberi algerini fuggiti in Francia dopo lo scoppio della Guerra d'Algeria, sposato con un'avvocata ebrea di origini tunisine e con tre figli, Zemmour è uno dei più noti e controversi opinionisti politici francesi: dopo aver mosso i primi passi lavorando per il noto quotidiano di centrodestra Le Figaro, Zemmour ha compiuto un salto di qualità quando è passato alla televisione dove si è costruito una reputazione di intellettuale di estrema destra. Con la svolta centrista della Le Pen, Zemmour è diventato sempre più critico della leader del Raggruppamento Nazionale, fino a definirla "una donna di sinistra". Con le sue critiche taglienti, il commentatore ha intercettato una vena di profonda insoddisfazione interna alla società francese, già lacerata dalla rivolta dei Gilè Gialli e poi piegata dalla pandemia: in poche settimane il suo nome è balzato in avanti nei sondaggi, fino a superare la stessa Le Pen per aggiudicarsi il secondo posto (e quindi il diritto ad affrontare Macron al ballottaggio).

Zemmour espone tutto il campionario dell'estrema destra identitaria: considera tutti i musulmani (circa il 5% della popolazione francese) una minaccia alla società francese e propone di espellerli tutti dal paese, citando come esempi episodi di pulizia etnica dell'Europa Orientale del secolo scorso; è fautore di un divieto dei nomi stranieri e non francesi; propone di abbassare le tasse e di uscire dall'Unione Europea e dalla NATO per riavvicinarsi alla Russia; soprattutto è convinto dell'esistenza di un grande complotto, operato da oscure figure della finanza internazionale, per rimpiazzare tutti i bianchi d'Europa con immigrati africani e denuncia altresì una cospirazione di femministe e intellettuali per "de-virilizzare" la società francese, promuovendo l'omosessualità e facendo del maschio il capro espiatorio della decadenza occidentale.

L'ultimo sondaggio dà in testa Macron, con il 23%, tallonato proprio da Zemmour, con il 18%. Le Pen si fermerebbe invece al 15% e il candidato gollista al 14%, mentre va rilevata la totale assenza di un rappresentante della sinistra, che pure sommata fa quasi un terzo degli elettori francesi, davanti a un panorama politico dominato da politici di destra nelle sue varie sfumature (dal centrodestra liberale di Macron a quello conservatore dei gollisti, dalla "estrema destra col sorriso" della Le Pen ai duri e puri di Zemmour). Macron viene comunque dato in gran vantaggio al ballottaggio contro tutti i avversari ma Zemmour è già riuscito ha spostare il dibattito pubblico a destra, costringendo gli altri candidati a dibattere della "teoria del rimpiazzo" e di altri deliri cospirazionisti tipici dell'estrema destra. Anche se il commentatore campione di polarizzazione dovesse perdere come probabile, avrà dimostrato che il fanatismo e il complottismo elevato a ideologia politica possono diventare mainstream e dominare la discussione di una società democratica in crisi.

Sarebbe facile attribuire le recenti violenze politiche all'azione di gruppi di fanatici amplificati dai social, ma le ragioni di disagio sociale che le alimentano rappresentano una sfida alla nostra società, alla nostra economia e alla nostra democrazia.

É un avvertimento di cui dovremmo tenere conto anche noi, cittadini di un paese con dodici milioni di persone sotto la soglia di povertà e con gravi carenze sociali, prima che i fuochi della rabbia che già si intravedono covare sotto il coperchio della illusoria "unità nazionale" proclamata dall'attuale governo si trasformino in un incendio. Come dimostra il caso Zemmour, la fila per fare l'incendiario è già lunga...


Sanga da Baskerville


Nota: per la realizzazione del presente articolo si è attinto a numerose fonti di informazione nazionali e internazionali, tra cui Internazionale, Le Monde, Huffington Post, Times.

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