top of page

Portaerei e commercio: perché Meloni sta riposizionando Roma contro Pechino?

logosgiornale

Le recenti azioni del Governo Meloni lasciano supporre che la premier abbia intenzione di "arruolare" l'Italia nel crescente scontro tra Washington e Pechino.

È notizia di pochi giorni fa che la portaerei Cavour, della Marina Militare italiana, compirà nelle prossime settimane una "missione di rappresentanza" nell’Oceano Pacifico occidentale assieme a una adeguata scorta navale composta da due navi da guerra minori e una nave appoggio necessaria per garantire i rifornimenti durante una crociera così lontana dai porti patri. Secondo una nota ufficiale di Palazzo Chigi la ragione della traversata sarà nientemeno che stoppare “l’ascesa della Cina”, un’affermazione che lascia un po’ il tempo che trova. La Marina Popolare di Liberazione cinese dispone infatti di forze molto più consistenti, tra cui due portaerei, della nostra piccola Cavour ed è opinabile che Pechino possa sentirsi intimorita davanti al passaggio della nostra flotta di rappresentanza. Altrettanto discutibile, sul piano politico, è l’idea di riproporre un modello di relazioni internazionali che sembra ispirarsi alla “politica delle cannoniere”, cioè quella strategia coloniale che prevedeva di imporre le proprie condizioni alle nazioni extraeuropee mediante l’invio minaccioso di navi da guerre nelle acque di quei paesi. Una politica che, soprattutto in Asia, è indissolubilmente associata con gli umilianti Trattati Ineguali imposti dalle potenze occidentali proprio alla Cina e che infatti suscita nella regione una considerevole indignazione.

La Cavour è la nave ammiraglia della Marina Militare italiana ma resta comunque una nave piccola se paragonata alle sue "colleghe" cinesi o americane

Va detto però che l’Italia è solo l’ultima arrivata: nell’aprile 2021 fu la Gran Bretagna a inviare la portaerei Queen Elizabeth al largo delle coste cinesi; un mese prima era stata la Francia a inviare una squadra d’attacco nel Mar Cinese, una mossa che pochi mesi più tardi fu imitata dalla Germania. Il dispiegamento di forze militari in Estremo Oriente sembra essere dunque un atto dovuto, richiesto ai paesi europei dagli Stati Uniti nella ricerca di un segno tangibile della disponibilità degli alleati a combattere nel Pacifico anche in assenza di interessi diretti europei o, per meglio dire, anche contro tali interessi. L’Europa mantiene infatti forti interessi strategici, in primo luogo industriali, in e con la Repubblica Popolare Cinese e il peggioramento dei rapporti tra le due sponde dell’Eurasia non giova a nessuna delle parti, salvo che agli Stati Uniti, da tempo impegnati a cercare di scavare un solco nelle relazioni sino-europee. In questo contesto Roma ha preso tempo, cercando di conservare una tradizionale vocazione “distensiva”, ma l’ascesa al potere di Giorgia Meloni, alfiere, per scelta di campo, di un rigido Atlantismo, ha portato l’Italia ad abbracciare una posizione più bellicosa. L’invio della flotta in Estremo Oriente segna l’apogeo della retorica anti-cinese adottata dal governo, che ha visto negli ultimi mesi numerosi esponenti della maggioranza (l'ultimo in ordine di tempo è stato il Presidente della Commissione Cultura Federico Mollicone), ministri e la stessa premier attaccare Pechino e il suo progetto commerciale della Nuova Via della Seta, accusando l’opposizione (in particolare il Movimento 5 Stelle) di essere forze politiche appiattite sulle posizioni cinesi. Ciò che viene rinfacciato al M5S è in particolare l’aver firmato, durante il primo Governo Conte (in cui c’era anche la Lega, allora entusiasta degli accordi con la Cina e oggi alleata della Meloni e molto critica dell'iniziativa italo-cinese), un memorandum d’intesa sulla Via della Seta che prevedeva l’impegno a rafforzare gli scambi commerciali tra Italia e Cina, pur non rappresentando un accordo vincolante. Roma non è stato l’unico paese occidentale a firmare il memorandum (almeno altri 15 paesi UE hanno sottoscritto documenti simili) né fino adesso l’intesa è stata seguita da rilevanti accordi commerciali, anche a causa delle forti pressioni americane a non far entrare le compagnie cinesi nella rete infrastrutturale italiana. Non di meno la Cina resta uno dei maggiori partner commerciali italiani ed europei. Una politica intelligente userebbe questa realtà e il memorandum come base diplomatica per rafforzare i rapporti bilaterali con Pechino, improntandoli a un rapporto più equilibrato e costruttivo, a maggior ragione se consideriamo che la guerra in Ucraina ha precluso alla Cina la rotta settentrionale della Nuova Via della Seta, quella che ha nella ferrovia transiberiana la sua spina dorsale. Come conseguenza Pechino si trova nella condizione di dover espandere la rotta meridionale, che dall’Oceano Indiano e il Medio Oriente passa attraverso il Mediterraneo per giungere in Europa. La Cina potrebbe dunque avete un forte interesse a trovare un paese mediterraneo che funga da punto di approdo e hub delle merci cinesi e Roma potrebbe offrire una partnership strategica da cui ricavare utili investimenti per ricostruire le nostre fatiscenti infrastrutture, con ricavi importanti per entrambe le parti.

Come si vede, il braccio marittimo della Nuova Via della Seta cinese (in viola) trova il suo più naturale approdo nei porti italiani e greci

In alternativa, l’Italia dovrebbe fare leva sul memorandum per negoziare migliori condizioni dall’alleanza con gli Stati Uniti: se Washington rimane così contraria allo sviluppo dei legami commerciali con Pechino é comprensibile ma, in un’ottica di alleato, dovrebbe offrire qualche contropartita per compensare Roma per la rinuncia a un legittimo interesse strategico. Il governo italiano a guida Meloni tuttavia sembra intenzionato, con le sue mosse muscolari, a segnalare la propria volontà di aderire in toto al magistero atlantico, al punto da accusare i firmatari del memorandum di aver voluto svendere i porti italiani alla Cina (cosa falsa, se pensiamo che l’acquisto del porto di Trieste da parte di una compagnia cinese fu bloccato proprio dal Governo Conte per questioni di sicurezza). Questa strategia sembra preannunciare la cancellazione del memorandum stesso, che andrà in scadenza a inizio 2024. In teoria l’accordo prevede un rinnovo automatico per altri cinque anni salvo che una delle due parti non ne chieda la cancellazione ma le ultime mosse della premier Meloni e dei suoi alleati sembrano suggerire che Roma opterà per ritirarsi dall'intesa, anche a costo di danni commerciali e reputazionali, rinunciando così a ritagliarsi un prezioso ruolo autonomo nei rapporti con l'Oriente in nome di una "coerenza atlantista" che, anche alla luce dei recenti accordi commerciali tra Cina e Francia e delle analoghe intese sottoscritte negli anni passati da altri paesi europei (tra cui la Germania, i Paesi Bassi e la Grecia, che hanno permesso a Pechino di acquistare quote sostanziali dei porti strategici di Amburgo, Rotterdam e Atene-Pireo), sembra non trovare alcun riscontro nella realtà se non nelle mente di una parte della classe dirigente italiana.

19 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comentarios


Post: Blog2_Post

Modulo di iscrizione

Il tuo modulo è stato inviato!

  • Instagram

©2020 by LOGOS. Proudly created with Wix.com

bottom of page