Vi domanderete perché proprio questo nome, Logos (dal greco λόγος, parola, discorso, dialogo), che, ad un primo impatto, forse, risulta più avventato che ponderato. L’idea mi è venuta una sera dello scorso aprile, quando ritornavo continuamente col pensiero a una conversazione avuta quello stesso giorno. «C’è qualcosa di profondamente sbagliato nella società contemporanea.» dicevamo «La parola di chi abbia applicato anni di letture, studio, impegno in una materia valgono tanto quanto, se non meno!, quella di chi dà fiato ai denti solo perché è ammaliato dal suono della propria voce.» Un’alternativa non meno grottesca e forse più dannosa del narcisismo dello specchio. La disinformazione e la pretesa di conservare la verità in tasca da sbandierare alla bisogna rischiano di scalzare la competenza a vantaggio di quella nuova disciplina che le sempre più frequenti “università della strada” o, alternativamente, “della vita” hanno provveduto a certificare come autentica e soprattutto autorevole, ovvero la tuttologia (sempre teorica!, beninteso). Una materia curiosa, non priva di fascino per i più, i quali indicheremo, senza timor di errore, come teorici della suddetta scienza, sempre pronti a far del bene, “mestiere certamente il più degno che l'uomo possa esercitare; ma che purtroppo può anche guastare, come tutti gli altri. Per fare il bene bisogna conoscerlo; e al pari di ogni altra cosa, non possiamo che conoscerlo in mezzo alle nostre idee; le quali bene spesso stanno come possono.” (A. Manzoni, I promessi sposi, XXV).
Già, ma come fare a contrastare la tuttologia divenuta moda dei nostri giorni? Rispolverai un mio vecchio aforisma: è dinnanzi alle rovine degli antichi che comprendiamo il fallimento dei moderni. Ho pensato immediatamente alla mia grande passione, la Storia, e a quale fosse la via migliore per rendere fruttuosa anche per l’altro una vocazione più intellettuale che pratica. Mi sono venuti in mente i miei amici, le lunghe ore trascorse a parlare e a discutere (anche animosamente) in materia di storia antica, storia contemporanea, attualità, economia, scienze sociali… Le opinioni e gli orizzonti politici non coincidono quasi mai, ma c’è un elemento che unisce: la parola. Ricercando nell’archeologia del linguaggio non avrei potuto non soffermarmi sul significato socratico del dialogo, “logos insieme, col fine di”. Ed ecco dunque la lampadina. Tradurre in qualcosa di reale il dialogo su argomenti dei più vari. Quel qualcosa avrebbe avuto il compito di imprimere in modo concreto opinioni, divergenze, idee.
Con sfacciataggine ci sentiamo di fare nostro quel passo evangelico di San Giovanni (3, 19) già ripreso da Leopardi: “Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι µᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.” “E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.”
In pochi e senza certezze di successo ci accingiamo a fondare un giornale che ha lo scopo non già di svelare una verità occulta, bensì di diffondere aspetti talvolta più famosi che conosciuti, talaltra addirittura non noti.
Paolo Di Carlo
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