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Macelleria colombiana

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Da quasi due mesi ormai la Colombia è insanguinata da violentissimi scontri legati a un'ondata di proteste anti-governative, scontri in cui la repressione brutale da parte dell'esercito colombiano a suscitato dure critiche a livello internazionale.

Da settimane la Colombia è scossa da forti proteste popolari contrarie al piano di austerità voluto dal Presidente Duque

Le proteste erano iniziate lo scorso 28 aprile in reazione a un piano di austerità finanziario presentato dal governo del Presidente colombiano Iván Dunque (destra): il piano era incentrato su un aumento delle tasse, soprattutto le imposte indirette su cibo e beni di consumo, l'abolizione di diverse deduzioni fiscali e una riforma in senso privatizzante del sistema sanitario. L'annuncio di queste riforme in un momento di crisi senza precedente per i colombiani - al culmine di una delle ondate di Covid peggiori dell'America Latina e con un sesto dei colombiani disoccupati - ha provocato l'esplosione della rabbia sociale che è stata affrontata a muso duro dalle autorità: contro lo sciopero generale indetto dai sindacati il governo di Bogotà non ha esitato a bollare i manifestanti come "criminali e terroristi" e a impiegare l'esercito, con tanto di impiego di artiglieria e reparti dell'aviazione contro i quartieri ribelli. Questa bellicosa repressione, testimoniata da decine di video che girano sui social, ha finora provocato decine di vittime e ha spinto le Nazioni Unite, per bocca del suo Alto Commissario per i Diritti Umani Michelle Bachelet, a condannare il governo colombiano. Dietro le pressioni internazionali Duque ha sospeso il suo piano di austerità e il Ministro delle Finanze che l'aveva presentato si è dimesso ma i manifestanti ormai chiedono le dimissioni anche dei vertici della difesa e della polizia che hanno avvallato le violenze contro i dimostranti, il passaggio di urgenti misure di sostegno per far fronte alla crisi economica e sociale in cui versa il paese latino americano e la ripresa della rappacificazione con le comunità della "Colombia profonda".

Mentre Duque ha ritirato la sua proposta fiscale, la brutale repressione delle proteste ha scatenato l'indignazione internazionale

La presente crisi colombiana si sovrappone ad altri fronti di crisi. In primis il rapporto con le comunità della cordigliera andina, a maggioranza indigena, rispetto alle èlite urbane bianche delle grandi città colombiane, che nei decenni passati è stato alla base della ribellione delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane), un movimento di guerriglia che per circa mezzo secolo ha combattuto con le forze dell'ordine colombiane per ritagliarsi delle "comuni" nella giungla e che per finanziarsi ha spesso tollerato se non praticato il traffico di droga. Dopo un faticoso percorso di affrancamento dai cartelli e dagli ufficiali corrotti sul loro libro paga negli anni novanta, un periodo divenuto celebre anche nella cultura popolare attraverso la figura dell'antagonista, il famigerato Pablo Escobar, e il periodo della Presidenza Uribe a inizio 21esimo secolo, caratterizzata da una ripresa brutale dei combattimenti con le FARC, nel 2016 il predecessore di Duque, il Presidente Juan Manuel Santos, ha negoziato con la mediazione della Chiesa cattolica e del governo cubano la firma di uno storico accordo di pace con i leader guerriglieri (Santos ha ottenuto il Premio Nobel per la Pace per questo), ponendo finalmente fine a questo gravoso conflitto nonostante le polemiche di una parte consistente della società colombiana, contraria al venire a patti con i loro vecchi nemici. Questo schieramento contrario ha fatto fruttare la sua opposizione all'accordo ed è riuscita a eleggere l'attuale Presidente Duque che, pur non rinnegandolo, ha di fatto sospeso l'applicazione del trattato e ripreso azioni aggressive contro le comunità della giungla.

La firma del trattato di pace tra il Presidente Santos (sinistra) e i rappresentanti delle FARC.

A ciò si aggiunge la questione politica: con le elezioni presidenziali previste per l'anno prossimo il tema della repressione è divenuto un tema politico, con molti aspiranti successori di Duque a destra (come la vicepresidente Marta Ramirez e il ministro della difesa Diego Molano Aponte e Tomàs Uribe, figlio dell'ex Presidente Alvaro Uribe) che hanno difeso la brutale risposta militare mentre i candidati dell'opposizione (soprattutto l'ex sindaco di Bogotà Gustavo Petro) l'hanno pesantemente criticata.

In generale poi le proteste colombiane sembrano inserirsi in un quadro di complessivo ritorno alla vitalità delle forze sociali latino americane sotto la pressione della crisi socio-economica causata dal Covid, come testimoniato proprio recentemente dal successo dei candidati della società civile al voto per l'elezione dell'assemblea costituente cilena e dalla vittoria del candidato indigeno di sinistra alle elezioni presidenziali in Perù.

La tormentata Colombia deve adottare al più presto un piano per alleviare le sofferenze dei suoi cittadini, almeno fino a quando il popolo colombiano non potrà scegliere un nuovo governo nel proprio interesse l'anno prossimo. La comunità internazionale è chiamata a fare pressioni e assisterla in tal senso. Perché risulta chiaro come ancora una volta siano state le scelte economiche, come l'idea di far ricadere i costi della crisi sulle fasce più disagiate della popolazione, ispirate a una scellerata ideologia neoliberista e pro-austerità a spingere gli affamati colombiani alla protesta aperta e generalizzata. Anche l'Italia ha attraversato un forte periodo di crisi ma ha potuto contare su due fattori fondamentali: il blocco dei licenziamenti, decretato in via emergenziale dal precedente governo Conte II e interamente a carico dello stato, che ha evitato l'esplosione della disoccupazione, e il pacchetto di aiuto e garanzie sul debito europeo, duecento miliardi di euro negoziati anch'essi dal precedente esecutivo e la cui gestione è oggi nelle mani del Premier Draghi, un piano di aiuti sufficiente a rassicurare sulla tenuta della nostra economia anche di fronte a un forte crollo del PIL. In questi giorni in cui si discute di porre fine al blocco dei licenziamenti e di progettazione del nostro prossimo futuro faremmo bene a imparare dalle reazioni in paesi più sfortunati di noi prima di prendere scelte economiche avventate...


Sanga da Baskerville


Fonti: per il presente articolo si sono consultati vari mezzi di informazione internazionale, tra cui The Guardian, Internazionale, Repubblica, Huffington Post Italia, Jacobin.

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1 Comment


fioccorosa
Jun 18, 2021

Parole sante...😏

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