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I Saturnalia, la festa più libertina di Roma

logosgiornale

Aggiornamento: 25 dic 2020

A partire dal 17 dicembre 497 a.C. fino al tardo impero romano fu celebrata la festività dedicata a Saturno, uno degli dei più antichi di tutta Roma, che prende il nome di Saturnalia. Saturno era il dio che governava il mondo durante l’età dell’oro, durante la quale non vi erano differenze né sociali né economiche tra tutti gli esseri umani. E’ proprio per questo motivo che il tempio a lui dedicato veniva usato come erario di Roma, d’altronde egli aveva dominato quando tutto era di tutti e quale miglior posto poteva contenere le ricchezze condivise da tutti i romani?


La festa veniva celebrata in inverno poiché il dio era anche protettore delle sementi e quindi gli veniva chiesto di proteggerle durante la stagione più rigida dell’anno per ottenere un ottimo raccolto nell’anno venturo. Il dio, inoltre, era talmente importante per mantenere la stabilità sociale che la sua statua era legata con delle corde di lana per far sì che non potesse abbandonare Roma e veniva liberata solo durante i Saturnalia.


Ora veniamo alla celebrazione in sé, che si svolgeva (a partire dall’età imperiale) dal 17 al 23 dicembre ed era una delle feste più amate in tutta Roma tanto da essere chiamato da Catullo: “Saturnalibus, optimo dierum!” (Poesie, XIV, 15) ovvero “[...]dei Saturnali, il più bello dei giorni!”. Possiamo definire i Saturnalia come la festa dei contrari ed era concesso a chiunque di partecipare ai festeggiamenti (cosa affatto scontata, infatti in diverse festività schiavi, donne e prostitute non potevano partecipare), inoltre scuole e negozi chiudevano. Era un ricorrenza che liberava ogni freno inibitorio tipico di un buon cittadino romano e rimpiazzava il suo raziocinio ed austerità con prodigalità ed eccessi. La società romana, infatti, basava la sua intera vita sulla morigerazione e sul saper controllare i propri istinti (tipico della filosofia stoica), ma durante questo periodo ogni crimine rimaneva impunito ed ogni eccesso era tollerato. Ovviamente anche i giochi d’azzardo venivano decriminalizzati e, tra i più famosi, ve ne era uno chiamato “caput aut navis” (testa o barca) che riprendeva l’iconografia di una tipica moneta repubblicana ed è sopravvissuto fino ai giorni nostri come “testa o croce”. Inoltre gli schiavi erano liberi di fare ciò che desideravano e, secondo la tradizione, essi si sedevano a mangiare assieme ai propri padroni e, raramente, venivano serviti proprio da essi. Per le strade, infine, spesso si poteva assistere a dei veri e propri mercatini di Natale moderni nei quali si compravano dei piccoli oggetti da portare in regalo ad amici e parenti che poi venivano consegnati durante dei banchetti luculliani (per chi poteva permetterselo). Come sempre vi era anche chi criticava aspramente e non tollerava gli eccessi raggiunti in questo periodo come Seneca e Plinio il Giovane che spesso si ritirava nella sua stanza in completo isolamento per poter proseguire coi suoi studi.


Come si può facilmente intuire con l’ascesa del cristianesimo questa celebrazione fu assimilata in una chiave non più pagana e, anche se in una forma molto diversa rispetto a quella originale, possiamo dire che lo spirito dei Saturnalia è sopravvissuto ai secoli e ci pervade tutt’oggi nella nostra quotidianità senza che ce ne accorgiamo dando vita a, forse, la tradizione italiana più antica e più praticata di tutte.

Come disse Stazio: “Il tempo non saprà distruggere un giorno così sacro” (Silvae I,6,98-102) e finora la Storia sembra non dargli torto.


Bacchus


Fonti bibliografiche:

-Un anno nell’antica Roma, N. F. Marqués


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