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Brasile, il ritorno di Lula

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Lula festeggiato dai suoi sostenitori all'uscita dal carcere di Curitiba, 8 marzo 2021.

Un colpo di scena ha recentemente capovolto il panorama politico brasiliano: due settimane fa infatti la Corte Suprema del grande paese latinoamericano ha annullato tutte le condanne a carico dell'ex Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, permettendo all'ex capo di stato di tornare candidabile in tempo per le elezioni del 2022. Alla guida del Brasile dal 2003 al 2010 per il Partito dei Lavoratori (Partito dos Trabalhadores, PT), Lula (come lo conoscono tutti) era stato condannato con l'accusa di corruzione nell'ambito dell'inchiesta Lava Jato ("Autolavaggio") e proprio in forza di questa condanna era stato escluso dalle elezioni del 2018, dove i sondaggi lo davano come gran favorito. Il caso Lava Jato, soprannominato "la Mani Pulite brasiliana", è stata un'inchiesta giudiziaria condotta dal giudice Sergio Moro su un sistema di tangenti incentrato sulla Petrobras, l'ente petrolifero brasiliano: il caso, tra il 2015 e il 2018, ha colpito esponenti politici di spicco ed è stata alla base dell'impeachment con cui il Congresso brasiliano, allora a maggioranza di destra, ha rimosso dall'incarica il successore di Lula, la Presidente Dilma Rousseff, nel 2016. L'inchiesta era già al centro di feroci polemiche per una sua presunta parzialità: i sostenitori di Lula sottolineavano come dopo la caduta di Lula e Rousseff l'inchiesta si fosse fermata, rinunciando a perseguire altri politici accusati di corruzione, soprattutto di centrodestra, e di come Moro stesso fosse stato nominato Ministro della Giustizia dal nuovo e controverso Presidente Jair Bolsonaro, la cui elezione era stata largamente aiutata dalle condanne ai danni dei vertici del PT (in seguito Moro si è dimesso da ministro, accusando Bolsonaro di corruzione in quella che molti hanno letto come una mossa in preparazione di una futura candidatura presidenziale). Nel 2019 poi il giornalista investigativo Glenn Greenwald pubblicò una serie di chat riservate da cui si evinceva come Moro e alcuni colleghi magistrati avessero pianificato le varie fasi del processo contro Lula, comprese "fughe di notizie" ai media e a politici di destra per manipolare l'opinione pubblica e fare pressione sulle corti di giustizia in favore di una condanna. Anche se la Corte Suprema ha annullato le condanne di Lula per un vizio di forma, e cioè perché inflitte da un tribunale di Curitiba, la città di Moro, invece che da uno di Brasilia, che ne avrebbe avuto la competenza territoriale, lo stesso organo ha annunciato l'apertura di un'inchiesta disciplinare sui metodi usati da Moro per condurre la sua investigazione.

Da sinistra, l'ex giudice capo del Lava Jato Sergio Moro e l'attuale Presidente del Brasile Jair Bolsonaro

In attesa di quella che forse sarà un'altra sentenza shock il Brasile vive le conseguenze di questo piccolo terremoto: il ritorno di scena di Lula, oltre a riscattarne almeno parzialmente il nome davanti all'opinione pubblica, rovescia tutti gli scenari in vista delle incombenti elezioni presidenziali. Fino ad ora Bolsonaro, forte di un'opposizione debole e divisa tra tanti piccoli candidati di centro e centrosinistra, aveva affrontato l'argomento con arroganza, optando per ignorare il Covid e attaccare violentemente i suoi critici. Il risultato è stato degno di una calamità naturale: mentre ad oggi un morto di Covid su cinque al mondo è brasiliano, le città sono al collasso (Manaus, capitale dell'Amazzonia, ha dovuto accettare bombole d'ossigeno e ventilatori da altri paesi davanti al rifiuto del governo centrale di occuparsi della crisi) e l'economia sull'orlo del crac finanziario.

Ad oggi il Brasile conta ormai quasi trecentomila morti a causa dell'epidemia di Covid-19

Ma il ritorno in scena di Lula ha cambiato completamente il dibattito pubblico brasiliano. Lo si è capito dal suo primo discorso pubblico: mentre avrebbe potuto vestire i panni del tribuno incendiario e arringa-popolo, Lula ha sì attaccato frontalmente Bolsonaro per i suoi fallimenti, ma anche ricordato il periodo di stabilità e prosperità che fu la sua presidenza, quando il Brasile, considerato una delle potenze emergenti del 21esimo secolo, era un partner ricercato e rispettato a livello mondiale e il cui prestigio globale era attestato dalle grandi vetrine internazionali come i Mondiali di Calcio del 2014 e le Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016. Il contrasto con l'isolamento e la reputazione da nazione del terzo mondo del Brasile di Bolsonaro, soprattutto dopo la sconfitta di Trump negli Stati Uniti, è evidente e spiega almeno in parte perché anche diversi quotidiani della destra brasiliana, preoccupati per il dissesto economico del paese, abbiano espresso sostegno al ritorno in campo di Lula. Lo stesso Bolsonaro sembra aver cambiato strategia, apparendo in pubblico con la mascherina e affrettandosi a promettere un mega-ordinativo alla Cina per procurarsi gli agognati vaccini, nonostante poche settimane prima avesse bloccato un'analoga iniziativa del governatore di San Paolo. Oggi i sondaggi sembrano indicare che la maggioranza dei brasiliani sarebbe pronto a restituire il timone a Lula, se questi si candidasse. Da parte sua l'anziano (avrà 77 anni il giorno delle elezioni) ex sindacalista ed ex prigioniero politico sotto la giunta militare degli Anni Settanta, operato recentemente di cancro, si dichiara pronto a candidarsi di nuovo per "salvare il paese" se i brasiliani e il partito lo vorranno. La risposta è scontata. Dopo l'occasione persa del 2018, il grande duello per il futuro del Brasile sta per avere inizio.


Sanga da Baskerville

Fonti: per la scrittura di questo articolo si sono consultati articoli sul tema tratti da vari mezzi di informazione internazionali, quali The Guardian, Huffington Post, Internazionale, El Paìs.

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