Se per caso quest’anno avete fatto il tampone per il COVID-19 avrete probabilmente notato che tra le metodologie viene elencata la RT-PCR, ovviamente non vi è allegata alcuna spiegazione riguardante la sua funzione ed è questo l’obiettivo che mi sono posto.
Iniziamo dal principio, il DNA è il manuale di istruzioni della vita a base di carbonio che viene “letto” da particolari enzimi e permette la formazione ed il mantenimento di tutti gli organismi viventi ed è costituito da due filamenti complementari tra di loro che sono formati a loro volta da piccole unità chiamate nucleotidi.
La PCR sta per Polymerase Chain Reaction, ovvero reazione a catena della polimerasi, e sfrutta un enzima a forma di mano che si chiama (appunto) polimerasi, il cui movimento ricorda quello della nostra mano mentre chiude una zip. In questo caso, però, la zip (ovvero il DNA) possiede solo uno dei due filamenti e mentre la richiudiamo dobbiamo costruire anche l’altra metà della zip stessa; un’impresa certamente degna di nota per chiunque di noi la portasse a compimento, ma è proprio questa la funzione della polimerasi. Essa, però, non è in grado di agire in maniera indipendente e necessita di 3 “ingredienti” principali:
1. un template (filamento di DNA che viene sfruttato come copia carbone);
2. un primer (un altro breve filamento complementare al primo senza il quale la polimerasi non può iniziare il suo lavoro);
3. nucleotidi liberi.
Unendo tutte questi elementi otteniamo la ricetta perfetta per una PCR che agisce come un novello monaco amanuense e ci permette di produrre diverse miliardi di copie del filamento di DNA. Tutto questo viene facilmente spiegato dall’immagine qui sotto che mostra solo i primi cicli, ma il concetto rimane lo stesso anche per i successivi.
Ma perché fare tutto questo lavoro? La logica dietro questa procedura è quella di poter creare molte copie per poter studiare in modo molto più semplice ed affidabile il DNA di interesse. Dobbiamo tenere a mente, infatti, che stiamo parlando di strutture estremamente piccole, la larghezza della doppia catena di DNA è di appena 2.4 nanometri, ovvero un miliardesimo di metro. Per mettere in prospettiva, la differenza che c’è tra un metro ed un nanometro è la stessa che c’è tra un metro e 3 volte la distanza Terra-Luna (!!!), ricordiamo che è una distanza abbastanza grande da poter inserire tranquillamente tutti i pianeti del Sistema Solare uno affianco all’altro.
Ora che è chiaro cosa sia la PCR e quale sia il suo scopo possiamo passare alla RT-PCR, che sta per Reverse Transcription (trascrizione inversa), che sfrutta lo stesso principio visto poco fa ma vi aggiunge prima la retrotrascrizione attuata dalla retrotrascrittasi inversa. Non lasciatevi intimorire dai termini complessi, tale enzima semplicemente genera del DNA partendo da un filamento di RNA (una versione molto simile, più instabile e a singolo filamento del DNA). La retrotrascrittasi è di origine virale e viene usata da virus come quello dell’HIV e del SARS-COV-2 che non hanno il DNA come materiale genetico ma usano l’RNA e, dopo che tali virus sono entrati nella cellula ospite, convertono tale molecola in DNA per poter efficacemente infettare le nostre cellule.
Grazie all’inventore della PCR (che la ideò a suo dire grazie ad una assunzione di LSD… non state pensando male, mi riferisco proprio allo stupefacente) comprendemmo che si può sfruttare questo loro enzima che, convertendo l’RNA virale in DNA, ci permette di rilevare così la presenza del virus nel campione. Data l’alta specificità di tali enzimi essi amplificano il genoma iniziale solo se esso e nessun altro è presente, quindi se osservo un aumento esponenziale del genoma prelevato dal paziente allora posso stabilire che esso è sieropositivo e quindi portatore del virus. Questo vi spiega come sia praticamente impossibile ottenere un falso positivo, a meno che il campione non sia stato ben conservato e quindi si sia contaminato.
Se vi steste chiedendo come si faccia a visualizzare tale aumento vi sono molte tecniche per farlo, ma, per non dilungarmi troppo e rendere la lettura ancora più ostica, ve ne spiego solo una. Essa è detta Taqman e sfrutta delle piccole molecole di DNA (dette sonde) che si inseriscono solo nelle regioni appena amplificate e sono coniugate a sostanze (dette fluorofori) che solo dopo tale evento emettono una fluorescenza visibile anche ad occhio nudo dandoci così l’informazione che desideravamo.
-Bacchus
Riferimenti bibliografici:
-Quantitative RT-PCR: Pitfalls and Potential, BioTechniques 26:112-125 (January 1999)
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